IL CONSIGLIO DI STATO 
              in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) 
 
    ha pronunciato la  presente  sentenza  sui  seguenti  ricorsi  in
appello: 
        1) n. 3115 del  2016,  proposto  dalla  Provincia  di  Reggio
Emilia, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa
dagli avvocati Francesca Preite  e  Claudio  Macioci,  con  domicilio
eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Tacito, 23; 
    Contro: 
        i comuni di Novellara e Campagnola  Emilia,  in  persona  dei
rispettivi sindaci pro tempore, non costituiti in giudizio; 
        la Regione Emilia-Romagna,  in  persona  del  presidente  pro
tempore, non costituita in giudizio; 
    Nei confronti di: 
        Iniziative  Ambientali  S.r.l.,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Salvatore Alberto Romano ed Elena  Pontiroli,  con  domicilio  eletto
presso lo studio del primo in Roma, viale XXI Aprile, 11; 
        signori  Marisa  Davoli,  Pierpaolo  Spaggiari  e  Alessandra
Spaggiari, rappresentati e difesi  dall'avv.  Giovan  Ludovico  Della
Fontana, con domicilio eletto  presso  lo  studio  dell'avv.  Alfredo
Placidi in Roma, via Cosseria, 2; 
        2) n. 3148 del 2016, proposto dal  Comune  di  Novellara,  in
persona del sindaco pro tempore,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.
Antonio Maria Salvatore Drogo, domiciliato ex art. 25 cod. proc. amm.
presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza  Capo  di
Ferro, 13; 
    Contro: 
        i signori Marisa Davoli,  Alessandra  Spaggiari  e  Pierpaolo
Spaggiari, rappresentati e difesi  dall'avv.  Giovan  Ludovico  Della
Fontana, con domicilio eletto  presso  lo  studio  dell'avv.  Alfredo
Placidi in Roma, via Cosseria, 2; 
    Nei confronti di: 
        Provincia di Reggio Emilia, in  persona  del  presidente  pro
tempore, non costituita in giudizio; 
        Comune di Campagnola  Emilia,  in  persona  del  sindaco  pro
tempore, non costituito in giudizio; 
        Regione  Emilia-Romagna,  in  persona  del   presidente   pro
tempore, non costituito in giudizio; 
        Iniziative  Ambientali  S.r.l.,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Elena Pontiroli e Salvatore  Alberto  Romano,  con  domicilio  eletto
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, viale XXI Aprile, 11; 
    Entrambi per l'annullamento e/o la  riforma,  previa  sospensione
dell'esecuzione,  della   sentenza   del   Tribunale   amministrativo
regionale dell'Emilia-Romagna, Sezione staccata di Parma, n. 63/2016,
depositata il 29 febbraio 2016, resa tra le  parti  e  notificata  al
Comune di Novellara in data 10 marzo 2016 ed alla Provincia di Reggio
Emilia in data 11 marzo 2016; 
    Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  di   Iniziative
Ambientali S.r.l. e dei signori Marisa Davoli, Pierpaolo Spaggiari  e
Alessandra Spaggiari; 
    Viste le memorie prodotte dalla Provincia di  Reggio  Emilia  (in
date 8 giugno e 14 novembre 2016 nel giudizio n. 3115 del 2016),  dal
Comune di Novellara (in date 17 giugno, 14 e  24  novembre  2016  nel
giudizio n. 3148 del 2016), da Iniziative Ambientali S.r.l. (in  date
20 giugno e 24 novembre 2016 in entrambi i  giudizi)  e  dai  signori
Marisa Davoli, Pierpaolo Spaggiari e Alessandra Spaggiari (in date 20
giugno, 12 e 24 novembre 2016 nel giudizio n. 3115 del 2016 e in date
21 giugno, 12 e 24 novembre 2016 nel giudizio n.  3148  del  2016)  a
sostegno delle rispettive difese; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore, all'udienza pubblica del giorno 15  dicembre  2016,  il
consigliere Raffaele Greco; 
    Uditi l'avv. Preite per la  Provincia  appellante,  l'avv.  Della
Fontana per  gli  appellati,  l'avv.  C.  Masi  su  delega  dell'avv.
Pontiroli per Iniziative Ambientali S.r.l.  e  l'avv.  Drogo  per  il
Comune appellante; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    I - La Provincia di Reggio Emilia ha  impugnato,  chiedendone  la
riforma previa sospensione dell'esecuzione, la sentenza con la  quale
la  Sezione  di  Parma   del   Tribunale   amministrativo   regionale
dell'Emilia-Romagna,  decidendo  sul  ricorso  proposto  dai  signori
Marisa  Davoli,  Pierpaolo  Spaggiari  e  Alessandra  Spaggiari,   ha
dichiarato la cessazione della materia del contendere per il  ricorso
introduttivo e accolto i motivi aggiunti,  per  l'effetto  annullando
gli atti con i quali il Consiglio comunale di Novellara ha adottato e
approvato  il   P.O.C.   stralcio   Tangenziale,   finalizzato   alla
realizzazione del secondo e ultimo stralcio della Tangenziale Nord. 
    L'appello e' affidato ai seguenti motivi: 
        1) violazione  e  falsa  applicazione  degli  articoli  25  e
43 cod. proc. amm.  e  170 cod. proc.  civ.;  motivazione  erronea  e
contraddittoria  (in  relazione  alla  reiezione  dell'eccezione   di
inammissibilita' dei motivi aggiunti per nullita' e inesistenza della
notifica alla Provincia di Reggio Emilia); 
        2) violazione e falsa applicazione degli articoli  13,  comma
3, e 26, comma 3, della legge regionale  19  dicembre  2002,  n.  37;
motivazione erronea e contraddittoria; violazione dell'art. 39, comma
1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.  327
(in relazione alla ritenuta applicabilita' alla presente  fattispecie
del divieto di reiterazione di vincoli espropriativi per piu' di  una
volta, di cui alle citate disposizioni regionali). 
    Si sono costituiti gli originari ricorrenti,  i  quali,  oltre  a
opporsi all'accoglimento dell'appello, hanno riproposto come segue  i
motivi di primo grado rimasti assorbiti nella sentenza impugnata: 
          i) violazione dei principi in materia di  reiterazione  dei
vincoli espropriativi e dell'art. 13 della legge regionale n. 37  del
2002; eccesso di potere per difetto o insufficienza della motivazione
e di attivita' istruttoria; travisamento ed  errore  sui  presupposti
(in relazione alla carente  o  insufficiente  motivazione  addotta  a
sostegno  della  reiterazione   del   vincolo   espropriativo   sulla
proprieta' degli odierni appellati); 
          ii) violazione dell'art. 12 della legge regionale 24  marzo
2000, n. 20; violazione  dell'art.  20  del  decreto  legislativo  12
aprile  2006,  n.  163;  violazione  del  principio   di   necessaria
conformita' del progetto definitivo dell'opera  pubblica  ai  vincoli
storico-artistici, architettonici ed ambientali (stante  la  pendenza
di ricorso straordinario  al  Presidente  della  Repubblica  proposto
avverso  il  decreto  con  cui  l'autorita'   preposta   al   vincolo
storico-artistico ha espresso parere  favorevole  all'intervento  per
cui e' causa). 
    Si e'  altresi'  costituita  la  societa'  Iniziative  Ambientali
S.r.l.,  affidataria  della  progettazione  e   realizzazione   della
Tangenziale  di  Novellara  sulla  base  di  accordo  a   suo   tempo
intervenuto col Comune e con la Provincia di Reggio Emilia, la quale,
oltre a  opporsi  con  diffuse  argomentazioni  all'accoglimento  del
gravame  avverso,  ha   evidenziato   la   novita'   costituita   dal
sopravvenire dell'art. 30 della legge regionale 30 maggio 2016, n. 9,
il quale avrebbe interpretato il divieto di reiterazione  di  vincoli
espropriativi di cui al gia' citato art. 13,  comma  3,  della  legge
regionale  n.  37/2002  in  senso  non  ostativo  alla  realizzazione
dell'intervento per cui e' causa. 
    II - La medesima sentenza del Tribunale amministrativo  regionale
dell'Emilia-Romagna forma oggetto di separato appello  col  quale  il
Comune di Novellara ne ha chiesto l'annullamento o la riforma, previa
sospensione dell'esecuzione, sulla base dei seguenti motivi: 
        a) inammissibilita' del ricorso per motivi aggiunti di  primo
grado per mancata notifica dell'impugnazione alla Provincia di Reggio
Emilia presso il domicilio dell'ente costituito ex art. 43 cod. proc.
amm.; 
        b) nullita' della sentenza per mancanza  del  contraddittorio
ex  articoli  43,  49  e  105 cod.  proc.  amm.  (stante  la  mancata
integrazione del contraddittorio nei  confronti  dell'Amministrazione
provinciale); 
        c) erroneita' della sentenza nel  merito,  per  non  corretta
applicazione dell'art. 13, comma 3, della legge regionale n. 37/2002; 
        d) nullita' della sentenza per  contrasto  con  il  giudicato
della sentenza del Tribunale amministrativo  regionale  di  Parma  n.
692/2009 (in relazione alla ritenuta natura retroattiva  del  divieto
introdotto dal citato art. 13, comma 3, legge regionale n. 37/2002); 
        e) inammissibilita' del ricorso di primo grado e  dei  motivi
aggiunti per mancata instaurazione del  contraddittorio  rispetto  al
signor  Valseno  Bartoli,  ricorrente  nel  procedimento  di  appello
definito con la sentenza del Consiglio di Stato n. 3214/2014; 
        f) inammissibilita' del ricorso per ottemperanza, del ricorso
in riassunzione  e  del  ricorso  per  motivi  aggiunti  per  mancata
produzione dell'autorizzazione a effettuare le notifiche  in  proprio
da parte del difensore dei ricorrenti in prime cure; 
        g)   erronea   reiezione   delle   ulteriori   eccezioni   di
inammissibilita'  dei  motivi  aggiunti  formulate  dal   Comune   di
Novellara (con  specifico  riferimento  all'eccezione  di  tardivita'
dell'impugnazione della deliberazione n. 26 del 29 aprile 2015). 
    Anche  in  questo  giudizio  si  sono  costituiti  gli  originari
ricorrenti, riproponendo ai sensi dell'art. 101, comma 2, cod.  proc.
amm. le censure di  primo  grado  assorbite,  negli  stessi  identici
termini di cui al giudizio n. 3115 del 2016. 
    Si e' altresi' costituita Iniziative Ambientali S.r.l., svolgendo
deduzioni sovrapponibili a quelle articolate nel primo giudizio. 
    III - Alla camera di consiglio del 23 giugno  2016,  fissata  per
l'esame delle domande incidentali  di  sospensiva,  questo  e'  stato
differito  sull'accordo  delle  parti,  per  essere   abbinato   alla
trattazione del merito. 
    IV - Di poi, tutte le parti hanno affidato a memorie  l'ulteriore
sviluppo delle  rispettive  tesi,  argomentando  anche  in  relazione
all'incidenza sulla  causa  del  sopravvenuto  art.  30  della  legge
regionale n. 9 del 2016. 
    V - All'udienza del 15 dicembre  2016,  entrambe  le  cause  sono
state trattenute in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1.  Il  presente  giudizio  concerne   la   realizzazione   della
Tangenziale Nord di Novellara, opera pubblica la cui realizzazione e'
stata prevista in un accordo di programma stipulato nel 2003  tra  la
Provincia di Reggio Emilia e  i  Comuni  di  Novellara  e  Campagnola
Emilia (e successivamente integrato da atti aggiuntivi nel 2007 e nel
2013) al fine di risolvere i problemi di viabilita' e congestione che
affliggevano l'abitato di Novellara, nel  quale  confluivano  quattro
direttrici del traffico stradale. 
    Il progetto preliminare  dell'opera,  gia'  approvato  «in  linea
tecnica» da entrambi  i  comuni  interessati,  e'  stato  ritualmente
approvato dall'Amministrazione di Novellara con delibera di  G.M.  n.
83 del 28 ottobre  2003;  in  sede  di  successiva  approvazione  del
progetto definitivo, sempre «in linea tecnica», con delibera di  G.M.
n. 77 del 13 luglio 2005, si e' ritenuto poi di  suddividere  l'opera
in tre stralci esecutivi, al fine di avviare immediatamente i  lavori
per il primo e il terzo stralcio, nelle  more  dell'adeguamento  alle
prescrizioni imposte dalla  Soprintendenza  ai  beni  culturali  alla
parte relativa al secondo stralcio (quella in  concreto  destinata  a
evitare l'attraversamento del centro abitato). 
    Con deliberazione del Consiglio comunale  n.  45  del  28  luglio
2005, e' stato adottato il Piano operativo comunale (P.O.C.) -  primo
stralcio, con apposizione dei vincoli destinati  all'esproprio  sulle
aree interessate; il P.O.C. e' stato  poi  definitivamente  approvato
con la deliberazione consiliare n. 31 del 27 aprile 2006. 
    Tali  ultimi  provvedimenti  sono   stati   impugnati   in   sede
giurisdizionale  dalla  signora  Marisa  Davoli,   in   qualita'   di
proprietaria di uno dei suoli interessati dall'intervento, unitamente
ad altro  proprietario  interessato  (signor  Valseno  Bartoli),  con
ricorso successivamente integrato da motivi aggiunti. 
    Peraltro, nelle more del giudizio cosi' instaurato, il primo e il
terzo stralcio della Tangenziale sono  stati  ultimati  e  aperti  al
traffico. 
    2. La Sezione staccata  di  Parma  del  Tribunale  amministrativo
regionale  dell'Emilia-Romagna,   decidendo   sull'impugnazione,   ha
respinto il ricorso introduttivo e dichiarato in parte  inammissibili
e in parte infondati i  motivi  aggiunti  (sentenza  n.  692  del  26
ottobre 2009). 
    3. Proposto appello avverso tale decisione, questa Sezione la  ha
riformata annullando le deliberazioni di adozione e approvazione  del
P.O.C. nonche' gli atti di approvazione del progetto  definitivo  del
secondo stralcio medio  tempore  intervenuti  a  seguito  del  mutato
avviso della Soprintendenza (sentenza n. 3214 del 25 giugno 2014). 
    4. A seguito di ricorso per l'ottemperanza al giudicato  proposto
dalla sig.ra Davoli e dai signori Pierpaolo  e  Alessandra  Spaggiari
(questi ultimi in  qualita'  di  aventi  causa  di  parte  dei  suoli
interessati) per la declaratoria di nullita' di ulteriori atti  posti
in essere dall'Amministrazione,  la  Sezione  ha  altresi'  in  parte
dichiarato  cessata  la  materia  del  contendere,  essendo  stati  i
predetti atti gia' rimossi spontaneamente dallo stesso Comune,  e  in
parte dichiarato inammissibile la domanda attorea, previa conversione
dell'azione di nullita' in ordinaria azione di annullamento (sentenza
n. 1892 del 14 aprile 2015). 
    5. Riassunta la causa dinanzi al  primo  giudice,  questo  -  per
quanto qui rileva - ha accolto la nuova impugnazione e  annullato  le
sopravvenute delibere consiliari n. 87 dell'11 dicembre 2014 e n.  26
del  29  aprile  2015,  recanti  rispettivamente  nuova  adozione   e
approvazione del P.O.C. 
    La  ragione  dell'illegittimita'  di  tali  nuovi  provvedimenti,
secondo  il  Tribunale   amministrativo   regionale,   riposa   nella
violazione   dell'art.   13,   comma   3,   della   legge   regionale
dell'Emilia-Romagna 19 dicembre 2002, n. 37,  il  quale,  occupandosi
dei vincoli preordinati  all'esproprio,  statuisce  che  «il  vincolo
decaduto puo' essere motivatamente reiterato, per una sola volta». 
    Infatti, secondo il primo giudice con le  delibere  impugnate  in
prime cure si era provveduto a reiterare sulle aree interessate dalle
opere stradali un  vincolo  impresso  dal  P.R.G.  del  1989  e  gia'
reiterato dalla successiva variante del 1996. 
    6. Avverso tale sentenza hanno proposto appello,  sulla  base  di
motivi sostanzialmente sovrapponibili, la Provincia di Reggio  Emilia
e il Comune di Novellara. 
    7. Tutto cio' premesso, va innanzi  tutto  disposta  la  riunione
degli appelli in epigrafe, ai sensi  dell'art.  96 cod.  proc.  amm.,
avendo essi a oggetto la medesima sentenza. 
    8. Di poi, alla stregua di quanto sopra esposto occorre porsi  la
questione dell'incidenza sul  presente  giudizio  della  sopravvenuta
disposizione contenuta nell'art. 30 della legge regionale  30  maggio
2016,  n.  9   (rubricato   «Norma   di   interpretazione   autentica
dell'articolo 13, comma 3, della legge regionale n. 37 del 2002»), il
quale cosi' dispone: «... Il comma 3  dell'articolo  13  della  legge
regionale 19 dicembre 2002, n. 37 (Disposizioni regionali in  materia
di espropri) si interpreta nel senso che, fermo restando l'obbligo di
puntuale motivazione, nonche' della  corresponsione  al  proprietario
dell'indennita' di cui all'articolo 39  del  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  8  giugno  2001,  n.  327   (Testo   unico   delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per pubblica utilita'. (Testo A)), il divieto di  reiterare  piu'  di
una volta il vincolo espropriativo decaduto  non  trova  applicazione
per il completamento di  opere  pubbliche  o  di  interesse  pubblico
lineari la cui progettazione preveda la  realizzazione  per  lotti  o
stralci funzionali, secondo la normativa vigente». 
    Secondo le  parti  odierne  appellanti,  la  disposizione  teste'
riformata dimostrerebbe ex post l'infondatezza del ricorso  di  primo
grado, rendendo chiara  l'inapplicabilita'  del  divieto  di  plurima
reiterazione dei vincoli alle opere pubbliche da realizzarsi  secondo
lotti o  stralci,  con  l'effetto  di  imporre  l'accoglimento  degli
appelli. 
    9. La Sezione e' pero'  dell'avviso  che  la  detta  disposizione
palesi aspetti di incostituzionalita' tali  da  indurre  a  sollevare
avverso di essa questione di  legittimita'  costituzionale  ai  sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    Prima pero' di esporre le ragioni che inducono a  dubitare  della
legittimita' costituzionale  della  norma,  occorre  soffermarsi  sul
presupposto processuale della rilevanza della questione nel  presente
giudizio: infatti l'applicazione della norma de qua  alla  causa  che
occupa, con gli effetti auspicati dalle parti appellanti di cui si e'
detto, presuppone innanzi  tutto  il  superamento  di  una  serie  di
questioni di rito sollevate con alcuni dei motivi d'impugnazione, sui
quali il Collegio ritiene di doversi prioritariamente pronunciare. 
    9.1. In particolare, con il primo motivo di entrambi gli  appelli
viene eccepita - per la prima volta nel presente grado di  appello  -
la nullita' o l'inesistenza della notifica  dei  motivi  aggiunti  di
primo grado, per essere stati questi notificati  al  domicilio  reale
della Provincia di Reggio Emilia  anziche'  al  domicilio  risultante
dalla  costituzione  in  giudizio  (da  individuarsi  peraltro  nella
Segreteria del Tribunale  amministrativo  regionale  adito  ai  sensi
dell'art. 25, comma  1,  lettera  a), cod.  proc.  amm.,  non  avendo
l'Amministrazione provinciale eletto ritualmente  domicilio  all'atto
della propria costituzione). 
    Il motivo va disatteso, dovendo condividersi il diffuso indirizzo
di merito per cui, pur ribadendosi la necessita' che la notifica  dei
motivi aggiunti  avvenga  al  domicilio  eletto  ai  sensi  dell'art.
170 cod. proc. civ., puo' ritenersi  ammissibile  anche  la  notifica
effettuata al domicilio reale, quando questa abbia raggiunto lo scopo
e il contraddittorio sia stato di fatto instaurato. 
    E'  quanto  avvenuto   nel   caso   che   qui   occupa,   laddove
l'Amministrazione provinciale non solo si e' regolarmente  costituita
in primo grado, ma neanche  ha  eccepito  alcunche'  in  ordine  alla
regolarita' della notifica, sollevando la relativa eccezione  -  come
detto - solo nel presente grado di appello. 
    9.2. I rilievi che precedono palesano altresi' l'infondatezza del
secondo motivo dell'appello del Comune di Novellara, con il quale  si
lamenta  la  mancata  integrazione  del  contraddittorio   ai   sensi
dell'art. 49 cod. proc. amm. nei confronti della Provincia. 
    Infatti e'  evidente  che,  una  volta  ritualmente  costituitasi
l'Amministrazione provinciale, non vi era piu' alcuna  necessita'  di
un ordine di integrazione del contraddittorio da parte del giudice. 
    9.3. Infondato e' anche il quarto motivo  d'appello  del  Comune,
col quale si lamenta l'inammissibilita' del ricorso  di  primo  grado
per violazione del principio ne bis in idem, atteso che alcune  delle
questioni   controverse   (segnatamente,   quelle    relative    alla
possibilita' di tener conto, ai fini  dell'applicazione  della  norma
regionale, anche dei vincoli imposti e reiterati  anteriormente  alla
sua entrata in vigore)  sarebbero  coperte  da  giudicato  riveniente
dalla precedente sentenza del Tribunale amministrativo  regionale  di
Parma  n.  692  del  2009,  in  parti  non  specificamente  censurate
nell'appello poi accolto dal Consiglio di Stato. 
    A evidenziare l'inconsistenza del rilievo, basti osservare che la
ricordata sentenza n. 692 del 2009 e' stata  integralmente  riformata
da questa Sezione con la gia' richiamata sentenza n. 3214  del  2014,
di tal  che  non  puo'  predicarsi  l'esistenza  di  alcun  ipotetico
giudicato formatosi su di essa o su sue parti. 
    9.4. Col proprio quinto mezzo, il Comune assume  l'illegittimita'
del ricorso di prime cure in quanto non notificato al signor  Valseno
Bartoli, che era  stato  ricorrente  unitamente  alla  sig.ra  Davoli
nell'originario giudizio definito con la sentenza di  questa  Sezione
n. 3214 del 2014. 
    Il motivo e' manifestamente infondato,  dovendo  osservarsi  che,
dopo la sentenza da ultimo citata, ad  attivarsi  per  l'ottemperanza
del  giudicato  fu  la  sola  sig.ra  Davoli  (e  non  anche  l'altro
originario ricorrente), cui  si  affiancarono  i  suoi  aventi  causa
signori Spaggiari: di  modo  che  puo'  escludersi  che  alla  stessa
incombesse  l'onere  di  notificare  l'azione,  ai  sensi   dell'art.
114 cod. proc. amm., anche all'altro ricorrente vittorioso, il  quale
era titolare di un interesse comune a quello da lei azionato. 
    In ogni caso,  anche  a  voler  dare  una  lettura  rigorosa  del
precitato art. 114 cod. proc. amm., laddove statuisce che il  ricorso
per l'ottemperanza va notificato a tutte le parti del giudizio a quo,
la questione avrebbe dovuto  essere  sollevata  nell'originaria  sede
dell'ottemperanza, e non puo' certamente essere  riproposta  dopo  la
conversione dell'azione  in  ordinaria  azione  di  annullamento  (in
relazione alla quale, come e' evidente,  non  puo'  predicarsi  alcun
onere di evocazione in giudizio di cointeressati). 
    9.5. Col sesto mezzo del proprio appello, il Comune di  Novellara
lamenta  la  mancata  produzione  dell'autorizzazione  del  Consiglio
dell'Ordine  a  eseguire  la  notifica  personalmente  da  parte  del
procuratore dei ricorrenti in prime cure. 
    Al   riguardo,   va   innanzi   tutto   richiamato    l'indirizzo
giurisprudenziale per cui la nullita' della notifica riveniente dalla
carenza della predetta autorizzazione e' in ogni  caso  sanata  dalla
tempestiva costituzione in giudizio delle parti intimate (cfr.  Cass.
civ., sez. trib., 19 febbraio 2014, n. 3934). 
    Cio' premesso, e' a dirsi che le parti intimate nel predetto modo
irrituale e che non risultano  essersi  costituite  nel  giudizio  di
primo grado  non  possono  qualificarsi  come  parti  necessarie  del
giudizio, dovendo ritenersi che la loro evocazione sia avvenuta  solo
per tralaticia riproduzione delle notifiche effettuate nei  pregressi
giudizi intervenuti inter partes, e che  pertanto  l'eventuale  vizio
della  notificazione  non  abbia   cagionato   alcuna   lesione   del
contraddittorio processuale. 
    In particolare: 
        quanto alla Regione Emilia-Romagna,  questa  risulta  evocata
verosimilmente perche' parte del precedente giudizio definito con  la
piu' volte citata sentenza  n.  3214  del  2014,  ma  e'  pacifico  e
incontestato che nel presente giudizio non  risulti  censurato  alcun
atto regionale; 
        analoghi rilievi valgono per il Comune di Campagnola  Emilia,
il cui unico ruolo nella vicenda di che trattasi e' stato  quello  di
co-firmatario  dell'originario  accordo  di  programma  inteso   alla
realizzazione della Tangenziale Nord (cio' che, al piu',  ne  farebbe
un  cointeressato  rispetto  alle   ragioni   delle   parti   odierne
appellanti); 
        infine,  quanto  alla  posizione  di  Iniziative   Ambientali
S.r.l., che risulta costituita solo nel presente  grado  di  appello,
pur   essendo    la    stessa    espressamente    qualificata    come
«controinteressata»   nella   originaria   sentenza   del   Tribunale
amministrativo regionale di Parma n. 692 del 2009,  in  realta'  deve
escludersi  che  rivestisse  tale  qualita',  dovendo   al   riguardo
richiamarsi condivisibile giurisprudenza di merito  secondo  cui  nei
giudizi in materia di espropriazione e occupazione d'urgenza non sono
configurabili  controinteressati  diversi  dai  soggetti  a   diretto
beneficio dei quali viene disposta l'espropriazione o  l'occupazione,
e la posizione dei soggetti incaricati della progettazione dell'opera
puo' venire  in  rilievo  unicamente  rispetto  ai  provvedimenti  di
conferimento dell'incarico professionale, e  non  anche  rispetto  ad
altri atti del  procedimento  direttamente  e  immediatamente  lesivi
della posizione giuridica dei ricorrenti,  quali  l'approvazione  del
progetto e l'attivazione della procedura espropriativa. 
    Di conseguenza, la costituzione di Iniziative  Ambientali  S.r.l.
nel presente grado del giudizio va piu' che  altro  qualificata  come
atto di intervento legittimato  da  interesse  indiretto  e  di  mero
fatto, ai sensi dell'art. 97 cod. proc. amm. 
    9.6. Infine, va respinto l'ultimo motivo di appello  del  Comune,
col quale sono reiterate le eccezioni di tardivita' del ricorso e dei
motivi aggiunti di primo grado. 
    Sul punto, vanno integralmente  condivisi  i  rilievi  del  primo
giudice,  e  in  particolare  quello  relativo  all'essere  i  motivi
aggiunti dotati di  tutti  i  requisiti  formali  e  sostanziali  per
l'eventuale conversione in ricorso autonomo (sul  punto,  cfr.  Cons.
Stato, sez. IV, 4 giugno 2013, n.  3071;  id.,  17  agosto  2011,  n.
4792): questione sulla quale, per vero, l'Amministrazione  appellante
non svolge alcuna osservazione. 
    Inoltre, stante l'evidente autonomia degli atti impugnati  con  i
motivi aggiunti di primo grado rispetto  alla  delibera  gravata  col
ricorso  introduttivo  (e  in  relazione  alla  quale  il   Tribunale
amministrativo  regionale  ha  dichiarato  cessata  la  materia   del
contendere, essendo stato tale  atto  spontaneamente  ritirato  dalla
stessa      Amministrazione),      un'eventuale      inammissibilita'
dell'impugnazione  originaria  non  sarebbe  stata   in   ogni   caso
suscettibile di spiegare  effetto  caducante  sui  successivi  motivi
aggiunti. 
    10. Lo scrutinio di rilevanza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale del precitato  art.  30,  legge  regionale  n.  9/2016
presuppone, inoltre, l'esame delle osservazioni formulate al riguardo
dagli originari ricorrenti, odierni appellati; questi ultimi infatti,
prima ancora di denunciare l'incostituzionalita'  della  sopravvenuta
disposizione regionale, ne assumono l'inapplicabilita' alla  presente
controversia sulla base di un duplice ordine di motivi: 
        a)  perche'  essa  e'  specificamente  riferita  alle   opere
pubbliche  suddivise  in   lotti   o   stralci   sulla   base   della
«progettazione», mentre nel caso che qui occupa la  suddivisione  del
tracciato in tre stralci e' stata stabilita  dal  P.O.C.,  come  gia'
esposto; 
        b) perche', in ogni caso, nella specie non si tratterebbe  di
«lotti o stralci funzionali, secondo la normativa  vigente»,  essendo
stata la suddivisione imposta da ragioni pratiche e contingenti,  con
la conseguente creazione di stralci  privi  di  autonomia  funzionale
rispetto a un'opera che era stata concepita e avrebbe  dovuto  essere
realizzata come unitaria. 
    10.1. Il primo rilievo non trova conferma nella documentazione in
atti, dalla quale emerge che il progetto definitivo della Tangenziale
Nord, con la previsione della sua suddivisione in stralci funzionali,
fu approvato con la delibera di G.C. n. 77 del 13  luglio  2005,  non
travolta dalla sentenza di questa Sezione n. 3214 del 2014; il  fatto
che tale approvazione  fosse  avvenuta  «in  linea  tecnica»  non  ha
rilevanza ai fini che qui interessano, trattandosi comunque dell'atto
con cui venivano definite le caratteristiche tecniche  dell'opera  da
realizzare,  lasciando   a   provvedimenti   successivi   le   misure
consequenziali  quali  la  variante  urbanistica,  l'imposizione  dei
vincoli espropriativi etc. 
    Pertanto, non  puo'  essere  condiviso  l'assunto  degli  odierni
appellati, secondo cui la  delibera  de  qua  avrebbe  una  rilevanza
meramente finanziaria, e non tecnica o esecutiva. 
    10.2. Quanto alla seconda  questione,  se  e'  vero  che  per  la
definizione del  concetto  di  «lotti  o  stralci  funzionali»,  alla
stregua della normativa vigente va richiamato il  disposto  dell'art.
3, comma 1, lettera qq), del decreto legislativo 18 aprile  2016,  n.
50 (per cui lotto funzionale e' «uno specifico oggetto di appalto  da
aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di
un lavoro o servizio generale la cui  progettazione  e  realizzazione
sia tale da assicurarne  funzionalita',  fruibilita'  e  fattibilita'
indipendentemente   dalla   realizzazione   delle   altre    parti»),
sostanzialmente   riproduttivo   del   contenuto   di    disposizioni
previgenti, e' pero' difficile negare che nella prassi sia diffusa la
pratica di «scomporre» le opere stradali in lotti o stralci, rendendo
immediatamente  fruibili  all'utenza  quelli  gia'  realizzati,  come
avvenuto anche nel caso che qui occupa. 
    Quanto sopra, ad avviso della Sezione, puo' reputarsi sufficiente
a considerare concretata nella specie quell'autonomia funzionale  dei
singoli stralci cui ricollegare  la  legittimita'  del  frazionamento
dell'opera a prescindere dalle ragioni piu' o  meno  contingenti  che
possano averlo determinato (ed anche dal pur  suggestivo  rilievo  di
controparte,  che  evidenzia  come  la  mancata  realizzazione  dello
stralcio centrale comporti la mancata risoluzione nella sostanza  dei
problemi che l'opera stessa sarebbe stata intesa a superare). 
    Sul punto, va peraltro rilevato che non risponde  al  vero,  come
vorrebbe parte appellata, che nella sentenza n.  3214  del  2014  sia
stato  rilevato  un  profilo  di  illegittimita'  del   frazionamento
dell'opera; cio' e' confermato dal fatto che con la detta sentenza la
ricordata delibera n. 77 del 2005 non e' stata annullata, e che anche
nel presente giudizio la stessa e' rimasta inoppugnata. 
    11. Venendo dunque al profilo della fondatezza  della  questione,
va   innanzi   tutto   richiamata   la   consolidata   giurisprudenza
costituzionale  secondo  cui,  perche'  una  norma  possa  dirsi   di
interpretazione autentica,  e'  necessario  che  essa  si  limiti  ad
assegnare alla disposizione interpretata un significato gia' in  essa
contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture  del  testo
originario; in tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo
di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo, in
ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o di ristabilire
un'interpretazione  piu'  aderente  alla  originaria   volonta'   del
legislatore a tutela della certezza del  diritto  e  dell'eguaglianza
dei  cittadini,   cioe'   di   principi   di   preminente   interesse
costituzionale (cfr. ex  plurimis  Corte  costituzionale,  29  maggio
2013, n. 103; id., 21 ottobre 2011, n. 271; id., 11 giugno  2010,  n.
209; id., 26 novembre 2009, n. 311). 
    11.1. Tanto premesso, nel caso di specie e' lecito dubitare della
natura interpretativa della disposizione contenuta nell'art. 30 della
legge regionale n. 9 del 2016, atteso che: 
        nessuna  oggettiva   incertezza   risultava   sussistere   in
precedenza in ordine alla latitudine dell'applicabilita' del  divieto
di reiterazione dei vincoli posto dall'art. 13 della legge  regionale
n. 37 del 2002, e  in  particolare  nessun  dubbio  o  contrasto  era
insorto - ne' nell'ambito del presente giudizio, ne' a quanto  consta
in altre sedi applicative - circa la  sua  riferibilita'  o  meno  ad
opere pubbliche suddivise in lotti o stralci funzionali; 
        non puo' sostenersi che il disposto  della  nuova  norma,  in
termini di deroga al divieto di reiterazione dei vincoli posto  dalla
norma anteriore, fosse gia' in nuce  nella  formulazione  originaria,
non essendo condivisibile l'assunto delle  parti  odierne  appellanti
secondo cui cio' poteva cogliersi nel fatto che l'art. 13 parlava  di
«un'opera» (infatti, anche la definizione di «lotto funzionale»  piu'
sopra riportata  presuppone  pur  sempre  l'unitarieta'  dell'oggetto
dell'appalto); 
        per  altro   verso,   suscita   perplessita'   l'affermazione
dell'interveniente  Iniziative  Ambientali  S.r.l.  secondo  cui   il
problema  ermeneutico  sarebbe  stato  in  re  ipsa  nel  divieto  di
reiterazione dei vincoli espropriativi, perche'  questo  di  per  se'
renderebbe impossibile la  realizzazione  delle  opere  suddivise  in
lotti  o  stralci,  essendo  banale  osservare  che  e'   sufficiente
un'adeguata programmazione degli interventi per  rispettare  i  tempi
(dieci anni) imposti dal divieto di reiterazione dei vincoli per  una
sola volta. 
    In  definitiva,  ed  alla  stregua  di  un'interpretazione  della
normativa    improntata    ai    comuni    criteri    letterale     e
logico-sistematico, se anche ragionevole e giustificata, la decisione
di escludere  dal  divieto  di  reiterazione  dei  vincoli  le  opere
suddivise in lotti o stralci e' da  ricondurre  per  la  prima  volta
all'intervento normativo del 2016, e non alla norma anteriore. 
    11.2. Cosi' stando le cose, non puo'  pero'  convenirsi  con  gli
odierni appellati quando  auspicano  che  in  questa  sede  si  possa
ritenere sic et simpliciter la norma non applicabile alla fattispecie
che occupa: una  tale  operazione  si  risolverebbe  nel  tradire  lo
spirito della sopravvenuta disposizione, la quale fin  dalla  rubrica
ha  inteso  chiaramente  autoqualificarsi  come  di   interpretazione
autentica (e quindi applicabile anche retroattivamente),  e  pertanto
non puo' ritenersi consentita in sede meramente esegetica. 
    11.3.  Pertanto,  ad  avviso  della   Sezione   l'unica   opzione
percorribile e' quella consistente  nel  sollevare  la  questione  di
legittimita' costituzionale della sopravvenuta disposizione regionale
per  violazione  degli  articoli  3,  24  e  117  della  Costituzione
attraverso la norma interposta di cui all'art.  6  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali. 
    Come  e'  noto,  la  giurisprudenza  della  Corte  e'  da   tempo
consolidata nel senso che le norme della Convenzione europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e  delle  liberta'  fondamentali -
nel significato loro  attribuito  dalla  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo, specificamente istituita per dare ad esse  interpretazione
e applicazione - integrino, quali «norme  interposte»,  il  parametro
costituzionale espresso dall'art. 117, comma 1,  della  Costituzione,
nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna
ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (cfr. ex  plurimis
sentenze 5 gennaio 2011, n. 1; 4 giugno 2010, n. 196; 28 maggio 2010,
n. 187; 15 aprile 2010, n. 138; 19 aprile 2007, numeri 347 e 348). 
    Con   riferimento   all'introduzione   di   nuove    disposizioni
retroattive, la Corte europea dei diritti  dell'uomo  ha  piu'  volte
affermato che se, in  linea  di  principio,  nulla  vieta  al  potere
legislativo  di  regolamentare   in   materia   civile,   con   nuove
disposizioni dalla portata retroattiva, diritti risultanti  da  leggi
in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di
processo equo sanciti dal ricordato art. 6 della Convenzione  europea
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali ostano, salvo che per imperative  ragioni  di  interesse
generale, all'ingerenza del potere  legislativo  nell'amministrazione
della giustizia, al fine di influenzare l'esito  giudiziario  di  una
controversia (cfr. ex plurimis sez. II, 7 giugno 2011, Agrati  e  al.
c. Italia; id., 31 maggio 2011, Maggio c. Italia; sez. V, 11 febbraio
2010, Javaugue c. Francia; sez. II, 10 giugno 2008, Bortesi e al.  c.
Italia). 
    Siffatta ricostruzione si completa con l'affermazione che  spetta
alla  stessa  Corte  costituzionale,  nell'ambito  del   margine   di
apprezzamento riconosciuto  dalla  giurisprudenza  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali  ai  singoli  ordinamenti   nazionali,   verificare   la
sussistenza o meno di «motivi imperativi d'interesse generale» idonei
a giustificare l'intervento del legislatore con efficacia retroattiva
(fermi i limiti di cui all'art. 25 della Costituzione), alla  stregua
di  principi,  diritti  e  beni  di  rilievo  costituzionale   (Corte
costituzionale, sentenza 26 gennaio 2012, n. 15). 
    In particolare, e'  stata  piu'  volte  esclusa  la  legittimita'
costituzionale di disposizioni le quali, pur qualificandosi  come  di
interpretazione  autentica,  introducessero  con  valore  retroattivo
regole innovative destinate a incidere su rapporti giuridici maturati
e consolidati da tempo, nonche' a influenzare situazioni  processuali
altrimenti indirizzate in modo diverso (cfr. Corte costituzionale, 17
dicembre 2013, n. 308; id., 27 giugno 2013, n. 160; id.,  n.  78  del
2012, cit.; id., 271 del 2011, cit.; id., n. 209 del 2010, cit.; id.,
30 gennaio 2009, n. 29). 
    Nel caso di specie, e'  evidente  il  potenziale  e  irriducibile
conflitto fra il diritto di proprieta' degli originari ricorrenti  (a
sua volta oggetto di incisiva tutela a livello CEDU),  e  l'interesse
pubblico  al  completamento  dell'opera  (al  quale  e'   chiaramente
ispirata la disposizione di  che  trattasi):  donde  e'  arduo  pero'
ricavare l'evidente sussistenza di un motivo imperativo di  interesse
generale che autorizzi il varo di una norma destinata a incidere, con
effetto ex tunc, su un giudizio in corso come quello presente. 
    11.4. Risulta del tutto evidente,  pertanto,  come  debba  essere
rimessa esclusivamente alla Corte costituzionale  la  valutazione  in
ordine non  solo  alla  compatibilita'  fra  l'art.  30  della  legge
regionale n. 9 del 2016 e l'art. 6, paragrafo  1,  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali (nel senso piu' volte precisato), ma anche -  una  volta
verificato il conflitto tra le due fonti - a quale  delle  due  debba
effettivamente prevalere, stante il  descritto  quadro  normativo  di
riferimento costituzionale e comunitario. 
    12. Per le ragioni dianzi  esposte,  questa  Sezione  solleva  la
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  30  della  legge
regionale dell'Emilia-Romagna 30 maggio 2016, n. 9, in relazione agli
articoli 3, 24 e 117, comma 1, della Costituzione, per tramite  della
norma interposta costituita dall'art. 6, comma 1,  della  Convenzione
europea dei diritti dell'uomo. 
    13. Il presente  giudizio  va  quindi  sospeso  in  attesa  della
decisione della Corte costituzionale; ogni ulteriore  statuizione  in
rito, nel merito e in ordine alle spese del giudizio viene  riservata
alla decisione definitiva.